Impossibile immaginare una sonorizzazione (PA) senza microfoni. Cantanti, musicisti, presentatori e attori — ne hanno tutti bisogno. Quale micro serve per quale uso? Segui la nostra guida pratica e trova il modello giusto per palco o installazione.
Prima di esaminare i numerosi tipi di microfoni usati nel live e nella PA, ripassiamo alcuni concetti che interessano praticamente tutti i modelli.
Marchi popolari:
La dimensione della capsula è determinante: si distinguono i microfoni a grande diaframma e a piccolo diaframma.
I grandi diaframmi offrono spesso un rumore proprio più basso e un carattere più caldo. I piccoli diaframmi sono noti per una risposta neutra e molto dettagliata, ideale quando si cerca precisione e velocità di trasduzione.
Due famiglie principali:
Dal vivo funzionano entrambi. Per impatto e affidabilità scenica spesso si preferisce un dinamico. Quando contano finezza e precisione, conviene un condensatore.
La direttività indica da quali direzioni il suono viene captato in modo ottimale.
Direttività più comuni:
Esempi:
Nei setup moderni (preamplificatori/mixer) l’adattamento d’impedenza raramente è un problema. Indicativamente si mira a un’impedenza d’ingresso ≥ 5× l’impedenza d’uscita del micro, per evitare perdite di livello e distorsioni.
Due approcci in base all’uso:
Con cavo (XLR)
Wireless (UHF / 2,4 GHz)
Su palchi piccoli/medi il cablato resta un’ottima scelta. Per eventi più grandi o show dinamici, meglio un wireless professionale.
Le plosive (P/B), i sibili e il vento possono far saturare la capsula. Usa un filtro antipop (studio) o una spugna/paravento (live/esterni). Molti micro includono già un filtro dietro la griglia.
La voce è centrale in molti generi. Per il tuo micro da canto punta a un suono chiaro e definito e a una costruzione in metallo (corpo + griglia) per l’uso sul palco.
Due criteri chiave:
Un micro “indistruttibile” non serve se suona ovattato — e un micro “raffinato” ma fragile non dura in live. La scelta dipende anche da voce e timbro: alcuni micro enfatizzano certe zone di frequenza, altri no.
Regole rapide sulla costruzione:
Due famiglie dominano sul palco:
Un condensatore non è “sempre superiore” a un dinamico: dipende dall’uso. Vedi anche 1.2.
I micro per strumenti devono trasmettere il suono voluto dal musicista con neutralità, dettaglio ed estensione adeguata. Poiché gli strumenti non suonano tutti uguali, esistono modelli dedicati per famiglia.
Ecco alcuni casi tipici:
Di norma si microfona l’ampli/cabinet, non la chitarra in sé. I dinamici sono i più usati: robusti, facili da posizionare, suono incisivo.
Classici per ampli chitarra:
Si usano anche micro a nastro (es. Royer R-121) per un suono morbido, o condensatori a grande diaframma (es. Neumann U87) per banda più ampia. Il posizionamento (distanza, asse, angolo) influisce enormemente sul risultato.
Consiglio: Sull’ampli chitarra prova più posizioni: distanza dall’altoparlante, centro del cono vs bordo, angolo del micro — il suono cambia radicalmente.
Da considerare nella ripresa dell’ampli:
Si riprende direttamente lo strumento. Un condensatore è spesso consigliato per restituire le sfumature (banda ampia, dettaglio fine).
Grande vs piccolo diaframma: entrambi validi, dipende dal risultato desiderato.
La direttività non deve essere troppo stretta (irraggia tutta la cassa). Una cardioide è un buon punto di partenza; un omni va bene se si vuole captare di più l’insieme.
Posizionamento: su asta davanti alla chitarra, oppure con supporto fissato al corpo (spesso collo d’oca) — utile in ensemble per limitare le riprese indesiderate.
Modelli apprezzati:
Idealmente ogni elemento ha il proprio micro dedicato:
A volte si combinano più elementi (es. charleston & overhead). Verifica che ogni micro copra il registro di frequenze adeguato e l’SPL max richiesto: la cassa chiede un micro tollerante alle basse/ai volumi alti, il rullante più presenza sulle medie, ecc.
Due approcci: ripresa diretta (clip sullo strumento, spesso con collo d’oca) oppure ripresa a distanza (uno o due micro su asta).
La stereo (due micro) offre spesso una resa più ampia, utile su piccoli ensemble. Considera banda passante e SPL max: una tromba non impone le stesse esigenze di un flauto.
Da tenere presente per i fiati:
Vuoi tenere le mani libere in scena o in conferenza? Una cuffia-microfono è un’ottima soluzione: la capsula resta vicino alla bocca, con varie opzioni di fissaggio:
Direttività tipiche: omni (ambienti tranquilli o quando si vuole riprendere l’ambiente) e cardioide (focus sulla voce).
Vantaggio chiave: la distanza bocca-capsula resta costante anche girando la testa — un plus per il fonico. La maggior parte degli headset lavora in wireless tramite bodypack trasmettitore.
Alternativa discreta alla cuffia-microfono: il microfono lavalier (a cravatta). Molto compatto, si fissa all’abbigliamento (colletto, giacca, ecc.). Ideale per relatori e presentatori.
Altre informazioni nel nostro testo di categoria dedicato.
Entrambi sono compatti — quale scegliere in base alla situazione?
Cuffia-microfono: più visibile ma con distanza bocca-capsula costante; ideale se la performance prevede movimento (mix più stabile).
Lavalier: molto discreto; perfetto per presentazioni e conferenze più “tranquille”, con pochi movimenti del capo.
Meno “rock”, ma indispensabili in molte situazioni: i microfoni da installazione. Fissati su un leggio o punto dedicato, garantiscono una ripresa costante e intelligibile della voce.
Spesso si usano micro a collo d’oca, che offrono due vantaggi:
La direttività è cruciale: molti modelli sono ipercardioidi per limitare il rumore ambiente. Il relatore deve parlare in asse. Un filtro passa-alto (low-cut) spesso migliora la chiarezza della voce.
Nota: esistono versioni con base da tavolo — niente forature e maggiore mobilità.